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Guanti dei Paramenti della Tecnide
"Digli… che rischio la vita solo perché ho tanto per cui vale la pena vivere." - Osiride
Saint-14 seguì la traiettoria del Falco che precipitava. Raggiunse il luogo dello schianto diversi chilometri più avanti.
La pattuglia della Legione che sopraggiunse poco dopo si era preparata per affrontare una manciata di civili feriti. Non certo Saint-14. Mentre l'equipaggio si stringeva sotto la sua Guardia dell'alba, Saint scagliò lo scudo contro il fucile del comandante in campo, poi caricò.
Nemmeno la battaglia riusciva a sopire del tutto i suoi pensieri. Era impietoso desiderare di avere Osiride al suo fianco, a combattere il nemico con lui. Osiride non era più indifeso, ma non era nemmeno lo stesso di prima. Se fosse stato lì, Saint avrebbe dovuto chiedergli di restare con gli altri entro la Guardia.
Ma Osiride se n'era andato su Nettuno e Saint non poteva far altro che aspettare.
Saint sfondò con un pugno lo scudo di una falange, strappandolo poi dalla presa del legionario ombra e sbattendoglielo ripetutamente sulla testa.
Una volta finito, Saint tese una mano alla civile più vicina.
"Venite. Io e Geppetto vi riporteremo al Rifugio."
La donna tagliava la propria sciarpa con un coltello, con la determinazione di chi è impegnato in un rituale. Saint osservò il tessuto di un viola sbiadito nelle mani di lei e si sentì travolgere dalla familiarità del momento.
Si abbassò su un ginocchio, aspettando pazientemente che la donna finisse di legargli la striscia di stoffa all'armatura.
Le cose non erano cambiate poi molto. Lui poteva dimostrarsi paziente. Avrebbe raccontato a Osiride anche questa storia, quando si sarebbero incontrati di nuovo.